Sicilia: è caos, la protesta rischia di investire l’intera Italia

La stampa nazionale ha dapprima dato poco risalto a quanto sta accadendo in Sicilia, chissà, perché forse a parlare della Sicilia si fa peccato, se non quando si arresta un superlatitante e si imbelletta in questo modo l’operato del Ministero degli Interni, della Magistratura e delle Forze dell’Ordine. Oppure perché si può parlare della Sicilia, magari inviandoci centinaia di giornalisti e fotoreporter provenienti da tutta Italia prima e dal mondo intero dopo, quando l’Etna con le sue spettacolari eruzioni minaccia i primi centri abitati. Ma scendere troppo nei particolari sol perché la Sicilia alza il capo, questo no, interessa poco, cercare le ragioni della protesta perché da secoli le Ferrovie vedono alla Sicilia come un fastidio, non importa a nessuno, visto che, quando va bene in Sicilia ci si va solo per passarci le vacanze, oppure, si preferisce tacere e così tacendo, non si è neanche capito che la protesta del Movimento dei Forconi e Forza d’Urto, queste le sigle dei primi manifestanti, potrebbe avere proporzioni gigantesche.

L’effetto domino infatti che l’Operazione Vespri Siciliani, questo il nome di tutto quell’ambaradan che è sceso in piazza, stavolta non è una semplice manifestazione dai connotati più o meno pacifici che riguardava gli autotrasportatori, vessati dal caro carburante. Il movimento e il malcontento che si respirano a bordo della protesta erano  e sono più complessi, tant’è che hanno creato immediatamente proseliti e se oggi si contano quasi 200 punti di aggregazione in tutta l’isola, con relativi blocchi stradali, impressionante è l’altro dato che ci indica come in breve dai primi centomila manifestanti si sia passati a centinaia di migliaia di cittadini che non appartenevano a nessuna categoria in particolare. E’ facile infatti assistere alle orde di agricoltori, pescatori, piccoli imprenditori; in poco tempo si è arrivati ad una lista incontrollata ed incontrollabile di adesioni spontanee di altre categorie: dai commercianti agli studenti, dai disoccupati alle casalinghe, passando per i pensionati. [banner type="default"]   Si è voluto in un primo tempo minimizzare il problema, nonostante chi vive nell’isola subisca un disagio aggiuntivo ai tanti che lo riguardano, per la semplice ragione che a dar troppa retta al malcontento generale e collettivo di una Regione tanto vasta come la Sicilia, si rischia di dovere ammettere il fallimento di un’intera classe politica, prima e, soprattutto attuale. Perché non è neanche lontanamente immaginabile sperare e illudersi che una Nazione possa riprendersi se il processo di questa sorta di rinascita economica debba passare per un rincaro vergognoso e abbietto dei carburanti, per una mannaia che s’è abbattuta fra nuove tasse e nuove imposte sui lavoratori e sui pensionati, facendogli credere che i sacrifici di oggi possano servire alla ripresa di domani. Follia allo stato puro, i sacrifici di oggi, le politiche sbagliate e altrettanto ammantate da una cecità crescente di chi ci ha governato negli ultimi decenni, non hanno fatto altro che acuire in maniera drammatica la distanza fra il benessere, gli sbocchi occupazionali con l’attuale situazione economico sociale di chi è costretto a tirare la cinghia se lavora e di chi è invece ristretto nella miseria se ha perso il lavoro o sta per perderlo. Tutto ciò oggi ha un prezzo da pagarsi ed è rappresentato da quelle tensioni sociali che solo l’attuale classe dirigente ottusa e spudoratamente interessata a risolvere i problemi ai soliti noti, con la scusa di voler salvare l’Italia, non ha visto, col risultato che la protesta nata nella più grande isola del Mediterraneo assumerà sicuramente proporzioni ciclopiche. Lo dimostrano i simpatizzanti delle regioni più vicine alla Sicilia, Calabria e Puglia, ma chi è più attento al problema ben sa che all’interno del clima che sta vivendo l’Italia e l’intera Europa, tutto potrebbe ingigantirsi non solo investendo il bel Paese, ma persino parte del Vecchio Continente.   Insomma, il Governo Monti ha finito per trascurare i foschi e reiterati messaggi criminali che attentavano Equitalia, allo stesso modo come sta prendendo sottogamba le proteste scaturenti dall “Operazione Vespri Siciliani”, impegnato com’è a risolvere le beghe finanziarie delle banche e della BCE, senza accorgersi che la polveriera è pronta ad esplodere, con le nefaste conseguenze che una tale situazione determinerebbe. E la politica, quella vera, quella che ha ricevuto il consenso popolare, ovvero, l’ex maggioranza e l’ex opposizione, dove sta? Dice bene Beppe Grillo, quando tuona che la politica sta sugli scogli, come ha fatto lo scellerato comandante della Nave Concordia, a dirigere da lontano i lavori e non si sta per nulla accorgendo che un nuovo sessantotto, ma con altre e più pericolose istanze, è pronto a partire stavolta dal basso dell’Italia e non dall’alto come avvenuto negli anni sessanta. Perché sarà più pericoloso? Perché a spingere questi movimenti non ci sono solo le ideologie, quelle checché se ne dica ci sono sempre, ma soprattutto c’è la fame, la fame di chi è stato costretto a chiudere le aziende, di chi si vede pignorata la casa dalle banche, di chi ha perso il lavoro a metà della propria vita, di chi non è più in grado di garantire non il futuro, ma neanche il quotidiano a se stesso e alla propria famiglia. E dalla fame non è mai nato nulla di buono, persino la mafia è nata dalla fame laddove era più facile attingere al consenso popolare! Cosa vanno cercando i siciliani che protestano? Non ci vorrebbe un”aquila” per capirlo, solo il Governo Monti nicchia e fa finta di non capire. Vogliono ciò che è giusto che ottengano, ovvero, venir fuori dallo stato di sopraffazione in cui ci hanno cacciato le classi dirigenti e l’ultima in particolare. E proprio quest’istanza così come ha creato le condizioni per una sorta di consenso generale su tutte le fasce della popolazione, a parità di disagio nazionale, finirà per estendersi a tutte le regioni d’Italia. Nello specifico, i neo movimenti siciliani protestano contro il caro carburante, l’accise sull’energia, chiedono strumenti compensativi per l’agricoltura, investimenti sulle infrastrutture, zona franca per le merci, riduzione delle tariffe aeree, intervento sulle cartelle esattoriali. Intanto in Sicilia è paralisi. Moltissimi gli impianti di rifornimento carburanti restati a secco, in tanti supermercati e mercati cominciano a scarseggiare prodotti ortofrutticoli, ma anche altri beni di prima necessità. “Tonnellate di frutta e verdura siciliane stanno marcendo – avverte Coldiretti – perché non riescono a raggiungere gli scaffali dei negozi che a causa del blocco sono sempre più vuoti con gravi disagi per i consumatori e danni per milioni di euro ai produttori. In un momento economico già difficile ai danni immediati – sottolinea la Coldiretti – si sommano quelli futuri perché ci sono accordi commerciali che rischiano di saltare per la mancata consegna, a vantaggio delle importazioni. Bisogna trovare una soluzione che nell’ambito delle reali possibilità garantisca lo svolgimento del lavoro”. E’ stato bloccato il polo petrolchimico di Gela (i manifestanti hanno bloccato l’accesso al posto di lavoro ai dipendenti della raffineria , costringendo al doppio turno i lavoratori già presenti); una nota azienda produttrice di derivati della lavorazione del latte, in mancanza delle materie prime, ha messo in ferie forzata i dipendenti. Numerosissime le aziende e fabbriche vicine alla chiusura. Forti i disagi per i cittadini sia per la mobilità, resa difficile dalla mancanza di benzina e dalle interruzioni stradali e ferroviarie, sia per la possibilità di approvvigionamento di generi alimentari. Sugli scontri si sta consumando anche un duro botta e risposta tra chi parla di presenza della criminalità organizzata e chi difende le ragioni della protesta. Proprio oggi il Presidente di Confindustria Sicilia Ivan Lo Bello ha detto alle agenzie: “Tra gli agricoltori e gli autotrasportatori che stanno creando notevoli danni al sistema imprenditoriale abbiamo rilevato direttamente e attraverso i nostri associati, la presenza di personaggi legati alla criminalità organizzata”. Insomma, in Sicilia si respira il caos, lo stesso che, prima o poi, finirà per respirarsi in forme ancora più accentuate e, purtroppo più pericolose, in tutt’Italia. [banner network="altervista" size="125X125"]
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