Sulla
salute si risparmia. Perché pesa la
crisi economica, perché i
ticket sono troppo cari, perché i servizi sanitari sono sempre meno accessibili, fra lunghe liste d’attesa e costi crescenti. Anche il ricorso al welfare sanitario privato comincia a mostrare segnali di cedimento. Non è buona, e non poteva essere altrimenti, la fotografia del sistema salute italiano restituita oggi dal Tribunale per i diritti del malato-
Cittadinanzattiva.
L’associazione ha presentato il Rapporto Pit Salute “(Sanità) in cerca di cura” – basato su oltre 24 mila segnalazioni arrivate nel 2013 – dal quale emerge che “le difficoltà economiche, i costi crescenti dei servizi sanitari e le difficoltà di accesso spingono i cittadini a rinunciare alle cure e a sacrificare la propria salute”. Fra i problemi segnalati dai cittadini, quasi un quarto (23,7%, con un aumento del 5,3% rispetto al 2012) riguarda infatti le difficoltà di accesso alle prestazioni sanitarie: a pesare sono soprattutto liste di attesa (58,3%, meno 16% sul 2012), peso dei ticket (31,4%, più 21%) e intramoenia insostenibile (10,1%, meno 5,3%). Il dato principale è il boom delle segnalazioni sui prezzi dei ticket, il fattore che più di altri sembra allontanare i cittadini dalle cure e dalla sanità pubblica.
All’interno dei dati sulle difficoltà di accesso alle prestazioni sanitarie, le segnalazioni sui lunghi tempi di attesa restano ancora al vertice delle preoccupazioni dei cittadini: a lamentare le liste di attesa è il 58,5%, quasi ugualmente ripartite fra esami diagnostici (34,1%), visite specialistiche (31,4%) e interventi chirurgici (27,1%). Le liste di attesa dicono che, per una mammografia, bisogna aspettare ben 14 mesi, mentre serve un anno di attesa per fare Moc e Tac; servono nove mesi per una risonanza magnetica come per un elettrocardiogramma; per un’ecografia l’attesa media è di 8 mesi, per una visita psichiatrica l’attesa schizza a quasi due anni (20 mesi), mentre per un intervento di ernia al disco servono due anni tutti interi.
L’accesso alle prestazioni è ostacolato inoltre (questo quando emerge dalle segnalazioni dei cittadini) dai ticket, problema che vede un aumento notevole di segnalazioni passando dal 10,3% del 2012 al 31,4% del 2013: quasi la metà (44%) dei cittadini contatta Cittadinanzattiva per i costi elevati e gli aumenti dei ticket per specialistica e diagnostica, il 34,4% per avere informazioni sull’esenzione dal ticket, il 12,9% sul perché alcune prestazioni siano erogate a costo pieno (e non solo con il ticket) e l’8,6% sulla mancata applicazione dell’esenzione. L’offerta di sanità per i cittadini si assottiglia sempre di più e il costo dei ticket è l’ambito nel quale più di altri si fanno sentire gli effetti delle politiche attuate negli ultimi anni, sia a livello nazionale che locale.
Oltre alle difficoltà di accesso alle prestazioni sanitarie, i cittadini denunciano inoltre (al secondo posto per numero di segnalazioni) una grave situazione per l’assistenza territoriale (15,6% delle segnalazioni, in lieve aumento rispetto all’anno precedente). A finire fra i problemi segnalati ci sono in particolare l’assistenza ricevuta da medici di base e pediatri di libera scelta (il 25,7% delle segnalazioni, +2,3%), soprattutto perché i cittadini si vedono negata una visita a domicilio o il rilascio di una prescrizione; la riabilitazione (20,3%, +6,7%), in particolare per i disagi legati alla mancanza o scarsa qualità dei servizio in ospedale o alla difficoltà nell’attivazione di quello a domicilio; l’assistenza residenziale (17,3%, invariato rispetto al 2012).
Terza voce di segnalazione dei cittadini sono i casi di presunta malpractice (15,5% delle segnalazioni nel 2013 vs al 17,7% del 2012): a essere denunciati sono presunti errori terapeutici e diagnostici (66%, ossia i due terzi delle segnalazioni, +9% sul 2012), seguiti dalle condizioni delle strutture (16%, -7%), dalle disattenzioni del personale sanitario (10,4%, -2,1%), dalle infezioni nosocomiali e da sangue infetto (3,8%). Le segnalazioni sull’assistenza ospedaliera passano dal 9,9% del 2012 al 13,1% del 2013. In questo ambito, crescono soprattutto le segnalazioni inerenti l’area dell’emergenza urgenza (dal 40% al 47,7%): a finire nelle lamentele dei cittadini c’è soprattutto l’attesa per l’accesso alla prestazione, ritenuta eccessiva nel 40,7% dei contatti, seguita da quelle che viene considerata un’assegnazione non chiara del codice di triage (30,9% nel 2013 vs 34,4% nel 2012), quindi dai ritardi nell’arrivo delle ambulanze (15,4%) e dalle segnalazioni di ticket per il pronto soccorso (13%).
Oltre il 13% delle segnalazioni riguarda poi i costi a carico dei cittadini per accedere alle prestazioni sanitarie, con un dato in aumento rispetto al 12% dell’anno precedente. Le voci di spesa che più spesso i cittadini pagano di tasca propria sono i farmaci, le prestazioni intramoenia e i ticket per esami diagnostici e visite specialistiche. Attenzione però, perchè le famiglie stanno rinunciando alle prestazioni mediche private, che cominciano a diminuire. Spiega Cittadinanzattiva: “Nell’ultimo anno, il valore pro-capite della spesa sanitaria privata si è ridotto da 491 a 458 euro all’anno e le famiglie italiane hanno dovuto rinunciare complessivamente a 6,9 milioni di prestazioni mediche private. Dopo il restringimento del welfare pubblico, anche il welfare privato familiare comincia a mostrare segni di cedimento. Tra il 2007 e il 2013 la spesa sanitaria pubblica è rimasta praticamente invariata (+0,6% in termini reali) a causa della stretta sui conti pubblici. È aumentata, al contrario, la spesa di tasca propria delle famiglie (out of pocket): +9,2% tra il 2007 e il 2012, per poi ridursi del 5,7% nel 2013 a 26,9 miliardi di euro. Tre miliardi gli euro spesi dagli italiani per ticket sanitari nel 2013, con un incremento del 25% dal 2010 al 2013 (Corte dei Conti)”. Ma quanto costa la salute? In media ogni anno una famiglia paga 650 euro per farmaci necessari e non rimborsati e 901 euro per i parafarmaci. Per strutture residenziali si arriva a spendere quasi 7400 euro l’anno, oltre 9 mila se si ha bisogno di assistenza privata in casa da parte di una “badante”, oltre 1000 euro per visite specialistiche riabilitative.
Dice Tonino Aceti, Coordinatore Nazionale del Tribunale per i diritti del malato di Cittadinanzattiva: “Dobbiamo ridurre i ticket, scongiurare nuovi tagli al Fondo Sanitario Nazionale e governare seriamente i tempi di attesa di tutte le prestazioni sanitarie, e non solo di alcune come accade ora, mettendo nero su bianco un nuovo Piano di Governo dei tempi di attesa, fermo al 2012. E ancora, affrontare l’affanno che ospedali e servizi territoriali stanno vivendo: per questo accanto agli standard ospedalieri, è necessario procedere subito con quelli di personale e definire gli standard nazionali dell’assistenza territoriale, non previsti neanche dal recente Patto per la Salute. Infine, non per ordine di importanza, è fondamentale agire seriamente sui LEA, aggiornandoli dopo 14 anni, oltre che strutturare e implementare un nuovo sistema di monitoraggio che fotografi la reale accessibilità degli stessi per i cittadini. Non riusciamo a capire – prosegue Aceti – come sia possibile che per il Ministero della Salute le regioni stiano migliorando nella capacità di erogare i LEA, mentre aumentano le difficoltà di accesso per cittadini: il sistema di monitoraggio non sembra fotografare la realtà vissuta dalle persone. Per questo chiediamo che i rappresentanti delle Organizzazioni dei cittadini entrino a far parte formalmente del Comitato di verifica dei LEA”.
Articolo redatto da Help Consumatori
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Tags: Aassociazioni consumatori
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on martedì, settembre 8th, 2015 at 13:13 and is filed under Attualità, Notizie Salute, Primo piano, Pubblica utilità.
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